Innovation in music. 1. Bill Evans.

Come si può innovare nella musica? Nello stile, nello sperimentare nuove combinazioni tra suoni? Nell’uso degli strumenti, delle tecnologie? Nel crossover tra stili diversi? Nella composizione del team di musicisti?

2013_03_15 immagine 03Comincia con Bill Evans una (breve) serie di storie di album, persone e gruppi che hanno cambiato il corso della musica, innovando negli stili più diversi.

Adoro Keith Jarrett sia nelle sue espressioni da solista (in CD e dal vivo) che nel trio ormai di lunga data (30 anni quest’anno) formato con Gary Peacock (contrabbasso) e Jack DeJohnette. Credo che il trio piano, contrabbasso e batteria sia la combinazione migliore per il jazz. Ma se penso al trio di Jarrett non posso far a meno di pensare che prima di loro c’è stato un trio altrettanto leggendario, quello di Bill Evans con Scott LaFaro (contrabbasso) e Paul Motian (batteria) che in soli tre anni, dal 1959 al 1961 (con la morte di LaFaro in un incidente automobilistico) fu capace di registrare una serie di capolavori come Portrait in jazz (1959), Explorations, Sunday at the Village Vanguard e Waltz for Debby (tutti del 1961).  Chi è venuto prima quindi, chi ha tracciato la strada aprendo delle strade che per gli anni ’60 erano inesplorate? Di Bill Evans poi ovviamente va citata la sua partecipazione nel capolavoro del jazz, quel Kind of blue (1959) che riuniva un dream-team formato oltre che da lui da Miles Davis (tromba), Julian ‘Cannonball’ Adderley (sax alto), Paul Chambers (contrabbasso), Jimmy Cobb (batteria) e John Coltrane (sax tenore).

2013_03_15 immagine 01Oltre alla produzione in trio c’è però un album di Evans che segna un episodio curioso, per il grado di innovazione, nella sperimentazione jazz: Conversations with myself (1963). L’album (solo) venne registrato in tre differenti sessioni in studio il 6 e 9 febbraio e il 20 maggio 1963 utilizzando il metodo controverso di sovrapporre al termine (overdubbing) tre differenti versioni per ciascun brano suonate con stili diversi. Il risultato è la straordinaria percezione di tre pianisti diversi che per ogni brano si alternano, si accompagnano, si rincorrono, di volta in volta giocando il ruolo del piano principale, dell’accompagnamento con i toni alti o di quello con i toni bassi.

2013_03_15 immagine 02Racconta Enrico Pieranunzi, il più grande interprete italiano di Evans, in ‘Bill Evans. Ritratto di artista con pianoforte (2001): ‘nel febbraio del ’63 questo estremo ripiegarsi su se stesso (dopo la morte di LaFaro e completamente indifferente alla scena jazz dei vari Coltrane, Coleman che si sviluppava altrove) gli farà concepire Conversations with myself, un album che molto colpirà la critica e gli varrà importanti riconoscimenti (tra i quali il suo primo Grammy Award). Il disco viene da lui realizzato sovraincidendosi più volte e trasformandosi così in un ‘trio di pianisti’ […] La singolarità della cosa spinge tuttavia Evans a chiarire le sue intenzioni nelle note di copertina del disco, nelle quali precisa di considerare quello strano ‘trio’ con se stesso come un gruppo a tutti gli effetti, un’improvvisazione collettiva. Nell’album naturalmente viene fuori la capacità di Evans di organizzare i tre pianoforti in maniera equilibrata, anche se l’impressione di artificiosità e di sfida prevalgono sui contenuti artistici’. Buon ascolto …

Track listing:

  1. Round Midnight (Monk, Williams) – 6:35
  2. How About You? (Lane, Ralph Freed) – 2:50
  3. Spartacus Love Theme (Alex North) – 5:10
  4. Blue Monk (Monk) – 4:32
  5. Stella by Starlight (Young, Washington) – 4:52
  6. Hey There (Richard Adler, Ross) – 4:31
  7. N.Y.C.’s No Lark (Bill Evans) – 5:36
  8. Just You, Just Me (Jesse Greer, Raymond Klages) – 2:37
  9. Bemsha Swing (Denzil Best, Monk) – 2:56
  10. A Sleepin’ Bee (Arlen, Capote) – 4:10

William John Evans, known as Bill Evans (August 16, 1929 – September 15, 1980), was an American jazz pianist and composer who mostly worked in a trio setting. He is widely considered to be one of the greatest jazz pianists of all time, and is considered by some to have been the most influential post-World War II jazz pianist. Evans’s use of impressionist harmony, inventive interpretation of traditional jazz repertoire, block chords, and trademark rhythmically independent, “singing” melodic lines continue to influence jazz pianists today. Unlike many other jazz musicians of his time, Evans never embraced new movements like jazz fusion or free jazz (from Wikipedia).

Few musicians in the history of jazz have had such an impact on its structure and syntax as the late Bill Evans. From the beginning of his career in the mid-1950’s to his untimely death in September 1980. He did more to enrich the vocabulary of the jazz pianist and to ensure the continuation of the rhythm trio than any other pianist of his generation. Bill’s contribution as a leader and composer ensures him a place in jazz history. He must be regarded as one of the most innovative pianists of all time. The very personal harmonic language that he perfected through systematic reharmonizations of standards has influenced an entire generation of musicians. The long lyrical melodic lines, asymmetrical phrasing and his light mobile and often rootless chord voicing have now entered the vocabulary of virtually every modern jazz pianist of the last twenty five years. (from the Bill Evans Memorial Library).

3 thoughts on “Innovation in music. 1. Bill Evans.

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