Un bell’articolo di Alice Pace su Wired.it del 07.06.2013 ha fatto un elenco delle 50 donne che stanno cambiando il mondo. Ci sono nomi alquanto di moda in questo periodo, come Marissa Mayer (primo ingegnere donna ad essere assunto in Google, attuale numero uno di Yahoo!) e donne al vertice dello sviluppo in campo informatico, come Mitchell Baker (boss di Mozilla), . Ci sono donne che da pioniere hanno già di fatto cambiato il mondo, come Valentina Tereškova (la prima donna ad andare nello Spazio e a compiere una ‘passeggiata spaziale’), Eileen Collins (prima donna a comandare uno Shuttle), Junko Tabei (la prima sulla cima dell’Everest, nel 1975). Ci sono personalità coinvolte nella tutela dell’ambiente, come Lisa Jackson (ingegnere chimico a capo di EPA Environmental Protection Agency degli USA) e che hanno tracciato la strada per cambiare in modo virtuoso l’evoluzione della nostra società, come Gro Harlem Brundtland.
Medico laureato a Oslo e con un Master ad Harvard, politico, è stata la prima donna a diventare primo ministro in Norvegia e per cinque anni (1998-2003) ha diretto l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Una classifica del 2004 pubblicata dal Financial Times l’ha vista al quarto posto tra gli Europei più influenti degli ultimi 25 anni. In ambito di sostenibilità il suo nome è legato alla Commissione mondiale sull’Ambiente e lo Sviluppo dell’ONU (1983, per l’Italia ne faceva parte Susanna Agnelli), che redige nel 1987 il cosiddetto rapporto Brundtland, dal titolo Our Common Future che contiene una definizione di sviluppo sostenibile che coniuga le aspettative di benessere e di crescita economica con il rispetto dell’ambiente e la preservazione delle risorse naturali. La novità del documento consiste nell’assunzione di trattare per la prima volta ambiente e sviluppo in un unico concetto. Il rapporto, frutto di un lavoro di circa 3 anni di catalogazione e sintesi di testimonianze di esperti da tutto il mondo provenienti dalle varie parti della società (governi, scienziati, centri di ricerca, organizzazioni non governative, ecc.), riconosce che la tutela ambientale non può prescindere dallo sviluppo sostenibile in termini di riduzione della povertà, parità tra i generi e ridistribuzione della ricchezza. Inoltre riconosce che lo sviluppo economico e industriale incontra dei limiti ambientali oggettivi che vanno rispettati. Secondo il rapporto Brundtland, con riferimento alla società, sostenibilità indica un ‘equilibrio fra il soddisfacimento delle esigenze presenti senza compromettere la possibilità delle future generazioni di sopperire alle proprie‘.

Legato al lavoro della Commissione è il concetto di triple bottom line (abbreviato in 3BL) che fonda sui tre pilastri – sociale, ambientale ed economico (people, planet, profit – frase coniata da John Elkington nel 1995) – il sistema di valori per misurare la sostenibilità (la ‘contabilità ambientale’) delle scelte di sviluppo (privato o pubblico). E’ un concetto che sta alla base di diversi sistemi di certificazione ambientale (esempio: Fairtrade) e che però sta incontrando qualche. La formula sviluppo sostenibile è di per sé un ossimoro, per molti ambientalisti; lo sviluppo di per sé non può essere sostenibile, dato che erode le risorse ambientali.

Una rappresentazione più corretta potrebbe essere allora quella che vede l’economia come sottosistema della società umana, che a sua volta è un sottosistema della biosfera e quindi dell’ambiente. In questo senso un guadagno in uno degli ambiti diventa una perdita in un altro. E’ un approccio che sembra essere più vicino a quello di The Natural Step, come raccontato da Karl-Henrik Robèrt nel breve video seguente (Beyond the line). L’economia come strumento al servizio della tutela dell’ambiente e dell’equità sociale.
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