Mad in Italy.

2013_04_15 immagine 0215 folli regole per chi crede nell’Italia. Nonostante tutto. Sì, Mad in Italy, non Made in Italy, perché per essere imprenditori ottimisti e credere nell’Italia in questo momento bisogna essere un po’ pazzi. Riporto l’articolo integrale di Alessandra Dal Monte sul Sette del Corriere della Sera del 12.04.2013, che racconta il progetto di Giampiero Cito e Antonio Paolo, due pubblicitari senesi che con una mappa, un libro e una campagna pubblicitaria hanno rappresentato le storie degli imprenditori che ce la fanno, pur restando in Italia. L’Italia è leader a livello mondiale in 250 differenti categorie di prodotto: un‘eccellenza industriale che racconta di un paese ancora vivo, geniale, ma di cui sappiamo ben poco.  Il progetto Italia Caput Mundi ha voluto dare un nome ed un luogo alle 4500 aziende che portano l’Italia al primo posto. Con qualche impresa anche dell’Alto Adige …

2013_04_15 immagine 04A l primo posto ci sono i rubinetti. Poi vengono le navi, le piastrelle, le barche. Le scarpe sono quinte, dopo le macchine per imballaggi. La pasta è settima. L’indice dei 250 prodotti che l’Italia esporta come leader nel mondo riserva diverse sorprese. Prima di tutto la triade “moda, cibo e vino”, emblema del Made in Italy, non occupa il podio come si potrebbe pensare. Anzi: il vino non compare nemmeno in classifica, perché il primo Paese per l’export di bottiglie è la Francia. Poi gli occhiali da sole, altro accessorio tipicamente italico, si trovano “solo” all’undicesimo posto: dopo le borsette e prima delle “pompe per aria o per vuoto”. Quel che emerge, insomma, è che oltre alla gastronomia e ai vestiti, l’Italia vende all’estero molte componenti industriali. Certo, non è una novità: l’indice che monitora le eccellenze competitive dell’export mondiale esiste dal 2007 (si chiama Corradini-Fortis, lo elabora la Fondazione Edison). «Ma non tutti lo conoscono, noi stessi lo abbiamo scoperto di recente » dicono Giampiero Cito e Antonio Paolo, i due pubblicitari senesi che lo hanno usato come spunto per la loro ultima campagna. Ci sembrava uno strumento importante e abbiamo deciso di sfruttarlo».

2013_04_15 immagine 03Dalla chianina al panettone. Così è nata “Italia Caput Mundi”: una mappa online delle aziende che realizzano i 250 prodotti più esportati. Per scovarle Cito e Paolo si sono appoggiati agli allievi del master in Comunicazione d’impresa dell’Università di Siena. Dopo mesi di ricerca, il risultato è un database con oltre 4.500 ditte, con un fatturato dai 5 milioni di euro in su, sparse su tutto il territorio nazionale. [25 imprese dell’Alto Adige presenti nel database, tra le quali 6 del settore costruzioni, come Frener & Reifer e Stahlbau Pichler].

Lo scopo di questa fatica? «Passare da un indice di eccellenze a una mappa di eccellenti, cioè valorizzare le persone che stanno dietro ai prodotti». Cito e Paolo lavorano sulla promozione degli imprenditori e delle loro idee da quando hanno inventato la campagna “Mad in Italy”: era il 2010, la crisi era iniziata da poco e sembrava che l’unico modo per salvarsi fosse lasciare il Paese. I due pubblicitari, allora, hanno puntato su chi è rimasto: hanno raccontato 15 storie di imprenditori abbastanza folli («mad», appunto, in inglese) da decidere di portare avanti in Italia la loro attività. Dagli inventori del gelato Grom al brand di acqua minerale Sant’Anna, dal panettone Paluani agli allevatori di chianina della Cooperativa agricola Il Forteto. Li hanno fotografati con addosso una camicia di forza e hanno raccolto le loro testimonianze in un blog.

2013_04_15 immagine 01Tutto questo materiale è confluito in un libro, Mad in Italy. Quindici consigli per fare business in Italia, nonostante l’Italia, uscito a settembre per Rizzoli Etas editore. E adesso si è aggiunta “Italia Caput Mundi”, terza fase di una campagna diventata ormai pluriennale. Perché la scelta di questo filone imprenditoriale? «Perché ci sembra che l’espressione Made in Italy si stia svuotando di senso», spiega Antonio Paolo. «Ormai tanti beni attribuiti all’Italia vengono falsificati nei mercati del Sud-Est asiatico, per questo abbiamo deciso di valorizzare chi sviluppa prodotti veramente italiani: il nostro obiettivo è dare un nome e una faccia agli imprenditori eccellenti rimasti qui. Sono loro a fare grande il Paese».

Ecco i 15 comandamenti per ‘far vincere il coraggio’

  1. Cerca di essere il primo. Puoi inventare qualcosa che fino a oggi non esisteva.
  2. Pensa ad un’idea semplice e realizzala (costi quel che costi). Una bellissima idea non realizzata rimane solo un sogno.
  3. Sii differente (rompi gli schemi). Ci sono idee geniali che hanno rivoluzionato prodotti già esistenti.
  4. Non avere paura ! Le avversità si possono sconfiggere se si combatte con la forza delle proprie idee.
  5. Ricordati che i brand italiani sono cognomi. Le capaci imprenditoriali vengono tramandate di generazione in generazione.
  6. Trova il sistema di fare sistema. Cercare collaboratori può dare slancio alla tua idea.
  7. Ragiona in grande. Anche se sei piccolo. Le piccole aziende con grandi idee possono sfidare i giganti.
  8. Tramuta un problema in opportunità. Anche partendo da una situazione avversa, è possibile arrivare al successo.
  9. Capisci quando i tempi sono maturi. E’ fondamentale saper leggere il contesto storico ed economico del territorio in cui vivi.
  10. Osserva con attenzione quelli che hai intorno. Devi saper cogliere le opportunità che può offrire il territorio in cui vivi.
  11. Fai le cose a modo tuo. Le idee sono più forti se esprimono tutta la personalità dei loro creatori.
  12. Valorizza le tue idee cercando qualcuno che creda in te. Sono molte le aziende cresciute grazie agli investimenti di chi ci ha creduto.
  13. Condividi il futuro con i tuoi figli (anche se non ne hai). Puoi lavorare per cambiare il mondo grazie alle tue idee.
  14. Se decidi di cambiare idea, non è una tragedia. Devi cercare la tua strada, anche a costo di lasciare quella vecchia per quella nuova.
  15. Cerca di capire se sei leader o follower. Si può rafforzare la competitività italiana sui mercati internazionali attraverso una ricerca dell’eccellenza che sia condivisa.

2013_04_15 immagine 05Così si rema contro. Nonostante il Paese, però. «Sì certo, l’Italia non li facilita: lo dice anche un altro indice, il Doing business index della Banca mondiale. L’Italia è 73ª su 185 Paesi e 30ª su 31 se si considera solo l’area Ocse». [al 1° posto Singapore, poi Hong Kong, Nuova Zelanda, USA, Danimarca, Norvegia, UK, Corea, Georgia (!), 20ª Germania, 34ª Francia, ecc. L’Italia è subito dopo la Romania.]  I parametri usati per la classifica sono quasi banali: dai tempi che servono per ottenere un permesso di costruzione a quelli necessari per ottenere gli allacciamenti elettrici, dalla facilità di accesso al credito alla capacità di risolvere gli insoluti. «Su tutte queste cose l’Italia pecca». Come riuscire a fare affari lo stesso, allora? «La cosa più importante è avere buone idee: devono essere 2013_04_15 immagine 06semplici, utili e realizzabili. Cioè avere un mercato potenziale chiaro. E se l’idea cambia in corso d’opera non è una tragedia. Poi bisogna fare rete. L’Italia ha la forza di essere organizzata in distretti industriali: le aziende facciano coopetition, cioè competano cooperando, attraverso la condivisione di conoscenze e infrastrutture. Il terzo consiglio fondamentale che cito è: attenzione al passaggio generazionale. È vero che tante imprese italiane sono familiari, ma non si può dare per scontato che siano i parenti a gestirle. Talvolta servono dei veri manager». Loro, i manager, resistono. Ma le difficoltà sono tante: «La pressione fiscale ci schiaccia, ormai siamo al 55%, contro il 33% di Germania e Francia», spiega Ugo Pettinaroli, ad delle omonime rubinetterie. 2013_04_15 immagine 07«Stiamo difendendo una leadership nell’export grazie a innovazioni di processo e di prodotto pensate dai nostri settori di ricerca e sviluppo, ma a queste condizioni e con la concorrenza sleale del Sud-Est asiatico non so per quanto potremo ancora rimanere i primi esportatori di rubinetti. Servono meno tasse e una vera difesa della proprietà intellettuale da parte dell’Ue sui mercati asiatici ». Preoccupata anche Anna Ferrino, una dei 15 imprenditori di Mad in Italy e ad dell’azienda di prodotti outdoor. «Bisogna far ripartire l’economia: ridurre il costo del lavoro per noi imprenditori e far entrare più soldi nelle buste paga dei dipendenti: gli italiani devono tornare a consumare», questa è la sua ricetta.

Proprio per dare una mano alle imprese virtuose i due ideatori di “Italia caput mundi” vogliono passare a una fase più operativa della campagna, che da poco ha ottenuto il patrocinio del ministero dello Sviluppo economico. Giampiero Cito e Antonio Paolo stanno cercando dei fornitori che offrano pacchetti di servizi alle imprese presenti sulla mappa. «Al momento hanno manifestato interesse Monte dei Paschi, Clouditalia e Saysoon. Ma stiamo cercando altri partner e i servizi, dalla formazione gratuita agli sconti sui server, sono ancora tutti da mettere a punto».

[Alessandra Dal Monte, © Sette – Corriere della Sera, 12.04.2013]

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