La storia della Città della scienza di Napoli. Riporto integralmente l’articolo di Stefano Pisani su Wired del 05.03.2013 sull’incendio che ha distrutto una delle eccellenze italiane. Le indagini in corso fanno presagire un possibile dolo, il che tramuta in rabbia il dolore per questa distruzione.

Danni ingentissimi: l’interno dei padiglioni devastato, in piedi solo i muri perimetrali e un unico edificio risparmiato dalle fiamme. Con la Città della scienza di Napoli va in cenere non solo quella che l’Eurispes ha riconosciuto nel 2010 come una delle cento eccellenze italiane, ma anche un’idea che si proponeva come un vero e proprio modello per la società della conoscenza. Un’idea diventata una realtà che negli anni ha avuto l’apprezzamento di tanti: è stata insignita nel 2005 del titolo di miglior museo scientifico europeo, premiata dall’Unione europea nel 2006 col Premio Descartes per la comunicazione scientifica e nel 2007 come migliore incubatore di nuova impresa. Il fronte del fuoco che, col passare delle ore si pensa sempre più di origine dolosa e che si è esteso per oltre un centinaio di metri, è stato spento da decine di pompieri dopo ore di lavoro. Città della scienza era stata realizzata nell’area ex Italsider negli anni Novanta, su iniziativa di Vittorio Silvestrini e per volontà di Antonio Bassolino, sul modello de La Villette di Parigi. Era il volto migliore della nuova Bagnoli e il più grande attrattore di turismo scientifico del nostro paese: un luogo di incontro per insegnanti, studenti, famiglie, i bambini, tanti che amano l’avventura scientifica e hanno sete di conoscenza. Il progetto iniziale della Città della scienza, visitata ogni anno da circa 350mila persone, era stato avanzato agli inizi degli anni Novanta. Il 23 novembre del 2001, poi, l’inaugurazione del museo interattivo vero e proprio. Il polo scientifico era stato realizzato nel quartiere Bagnoli, l’ ex area industriale che ha ospitato per decenni l’Italsider. La struttura era ospitata in gran parte nella più antica fabbrica della zona, la ex vetreria LeFevre, i cui ex padiglioni industriali risalgono ai primi dell’ottocento e sono stati restituiti all’antico splendore da una fine operazione di restauro, tornando in vita per dare l’input al progetto di recupero dell’area.
Dopo una fase di sperimentazione cominciata nel 1987 con programmi di attività temporanee da un’idea di Vittorio Silvestrini, nacque la prima edizione di Futuro Remoto, che si svolse alla Mostra d’Oltremare. A seguito del grande successo riscosso dall’89 al ‘92, che si svolse all’Osservatorio astronomico di Capodimonte, fu costituita e riconosciuta la Fondazione Idis. Nell’operazione, Silvestrini coinvolse Vincenzo Lipardi, giovanissimo laureato in filosofia, socio di una cooperativa editoriale, la Cuen, attiva nelle pubblicazioni per il Politecnico. La vicinanza agli aspetti politici e sociali della grande crisi industriale che si stava consumando in quegli anni negli stabilimenti dell’ Italsider di Bagnoli portò Silvestrini e Lipardi a immaginare fin dall’inizio la realizzazione di un vero e proprio Science Centre nell’area, favorendo la riconversione della zona in un polo high-tech che arginasse al tempo stesso l’emorragia di posti di lavoro nello storico quartiere operaio. L’Italsider, la grande fabbrica siderurgica che alla fine degli anni Ottanta era ancora attiva ma che di lì a poco sarebbe stata chiusa. L’obiettivo di Silvestrini era ridare un progetto alla quinta città industriale e alla prima città deindustrializzata d’Italia: Napoli. Era giunto il momento, in quegli anni, di dare un nuovo modello produttivo alla città, fondato sulla conoscenza, un modello che dovesse appartenere a tutti e che per tutti dovesse essere un’opportunità.
L’assunto su cui si basava il ragionamento dello scienziato partiva dalla convinzione che la principale materia prima dello sviluppo fosse il sapere scientifico. Se un Paese non utilizza questa risorsa resta indietro, era l’idea di Silvestrini, ed è destinato a perdere competitività sul piano internazionale. Lo sviluppo scientifico, infatti, secondo Silvestrini faceva da battistrada allo sviluppo di civiltà e, se non era accessibile a tutti, diventava un fattore di non equità: le scelte del futuro sono inevitabilmente legate ai risultati della scienza, e devono essere diffuse e partecipate per diventare scelte consapevoli. Nei primi anni Novanta viene quindi elaborato il progetto di Città della scienza e viene inaugurato il primo insediamento a Bagnoli. Nel 1996 fu possibile aprire al pubblico il primo, embrionale, nucleo del complesso mussale che si è esteso fino ad arrivare, nel 2001, come si è detto, all’inaugurazione del Science Centre nella sua configurazione finale, un progetto completato due anni dopo con l’apertura del Centro congressi, del Centro di alta formazione e del Business Innovation Centre. Un sogno che si realizzava. E che ora è bruciato: in cenere le esposizioni storiche come Futuro Remoto, l’ Officina dei piccoli, grande spazio dedicato ai bambini, il Planetario e tanti altri progetti. Praticamente l’intero centro, a eccezione del Teatro delle Nuvole, un corpo separato che ospitava rappresentazioni che coniugavano teatro e scienza. L’area distrutta dalle fiamme è stimata in 10-12mila metri quadrati: in pochi minuti il fuoco ha divorato i padiglioni dall’interno, diventando indomabile.
Città della scienza ha, tra i suoi vanti, anche quello di essere uno dei musei scientifici interattivi europei con il più alto grado di autofinanziamento (circa il 70%) ricavato dalle proprie attività di mercato nei confronti di vari clienti. La gran parte dei musei scientifici di altri paesi europei sono finanziati largamente (quasi sempre oltre il 70%, talvolta oltre il 90%) con fondi pubblici. Ma il lato economico era stato, soprattutto negli ultimi anni, una nota dolente. Le mutate condizioni economiche e politiche, non avevano permesso infatti un flusso costante di fondi da destinare, soprattutto, all’ampliamento dei padiglioni espositivi. La struttura della Fondazione Idis, controllata dal comune di Napoli e dalla Regione Campania, aveva avuto infatti negli ultimi anni una parentesi poco felice con l’ esternalizzazione di alcune funzioni strategiche, anche se di recente stava riemergendo la gestione della società pubblica, con successo e risultati positivi.
“Città della scienza aveva difficoltà finanziarie”, spiega Pietro Greco, giornalista scientifico fra i soci fondatori del polo scientifico: ” perché vantava una montagna di crediti da parte dello Stato per cose già fatte. Una montagna che non è mai stata soddisfatta e per la quale aveva acceso una collina di debiti che è inferiore alla montagna, ma stava cominciando a divorare la montagna stessa. Paga un pegno all’incapacità dello Stato di soddisfare i suoi impegni“. Ora con la struttura, che venne realizzata su progetto dell’architetto napoletano Massimo Pica Ciamarra, si perde un pezzo importante della città che dava lavoro, in modo diretto e indiretto, a oltre mille persone, andando ad aggravare le condizioni critiche di una regione con tassi di disoccupazione ormai elevatissimi e una economia al tracollo. ” Non è un bel segnale perché arriva in un momento in cui la vita della città è stagnante, in rapido regresso – commenta Greco – e con questo incendio viene meno l’unico luogo di produzione nell’area di Bagnoli, uno dei pochi luoghi di produzione fondato sulla conoscenza, altamente avanzato, con grandi riconoscimenti a livello internazionale e una grande capacità di lavorare nel contesto internazionale e con uno spirito positivo, solidaristico. Ma è un evento drammatico che va ben oltre Napoli, poiché avviene in un momento in cui anche il Paese si trova in una simile condizione di difficoltà, forse ancora per poco meno grave“.
Quali speranze per il futuro? L’acqua dei pompieri che ha spento il fuoco lasciando emergere le rovine di questo luogo sembra disegnare una grande metafora cittadina e nazionale. ” L’unico sviluppo possibile“, continua continua Greco: ” fondato sulla conoscenza, esce sistematicamente sconfitto, ignorato, deriso. Ieri ho lasciato Città della scienza poche ore prima che l’incendio scoppiasse ed ero in riunione con Silvestrini: l’oggetto della riunione era come fare per mettere su un programma di governo e che facesse dialogare le parti. Silvestrini, emiliano trapiantato a Napoli, è una persona che guarda ancora in maniera straordinaria al futuro. Se anche questa persona dovesse uscire sconfitta, sarebbe un segnale gravissimo per la città. Ma lo spirito della ricostruzione c’è già. Se Napoli e l’Italia sapranno ricostruire Città della scienza in tempi rapidissimi significherebbe che c’è ancora capacità di reazione. In caso contrario staremo a celebrare il funerale non solo di Città della scienza ma di un’intera macroarea, il Mezzogiorno, e di un intero Paese“. Intanto, la struttura ha diffuso dal suo profilo Twitter l’ Iban intestato a Fondazione Idis per fare donazioni per la ricostruzione ( #ricostruirecds e #cittadellascienza per restare aggiornati).
[Stefano Pisani, Wired, 05.03.2013. Riportato integralmente senza modifiche con licenza Creative Commons]
Ecco un video di com’era e di come speriamo torni ad essere.