Attraverso i Baltici parlando di green building.
“Cosa strana: la nostra è un’epoca in cui si parla tanto di storia. Ma se non fossimo capaci di ravvivarla con qualcosa di personale, la storia rimarrebbe sempre più o meno astratta, piena di scontri di forze anonime e di schemi. La generalizzazione, indispensabile per una visione d’insieme di un materiale immenso e caotico, uccide però i particolari, che sfuggono per definizione alle semplificazioni schematiche”. – Czeslaw Milosz, La mia Europa.
Questa è l’azzeccata introduzione a un libro bellissimo – Anime Baltiche di Jan Brokken – che mi ha accompagnato in una settimana di formazione sulla sostenibilità, a confronto con l’eredità storica e architettonica dei tre gioielli del Baltico: Riga, Vilnius e Tallinn.
I baroni tedeschi della Lettonia
Cercare di capire in così poco tempo le stratificazioni che hanno formato l’architettura, la lingua, la cultura, la vita quotidiana di questi ancora giovani paesi europei era obiettivamente impossibile. E ho proceduto cercando di unire i puntini che ho trovato strada facendo, anche parlando con i colleghi così aperti che mi hanno accolto e guidato. È comune un senso orgoglioso di libertà acquisita, dove forse l’ingresso nella famiglia europea (cominceremo anche noi a presentarci dicendo «Sono europeo, di nazionalità italiana» come scrive Samantha Cristoforetti sul suo profilo Twitter? … ) è meno importante del fatto di essersi finalmente scrollata dalle spalle la pelliccia opprimente dell’orso sovietico.

A Riga è ancora palpabile la discendenza da un passato tedesco (i baroni della Livonia) mentre l’Art Nouveau, parente dello Jugendstil tedesco (con qualche variante, come quella “verticale”) è testimoniato da circa 800 (!) edifici, circa un quarto dei quali attribuibili a Konstantīns Pēkšēns, oltre a quelli dell’architetto Michail Osipovič Ėjzenštejn (sì, il padre del Sergej Michajlovič regista di La corazzata Potëmkin e Alexander Nevskij).

Proprio Pēkšēns è stato il progettista e il primo inquilino dell’edificio su Alberta iela 12 che ospita l’Art Nouveau Museum, un autentico appartamento intatto nello stile dei primi anni del ‘900, ricco di mobili e suppellettili dell’epoca. Un vero e proprio viaggio con la macchina del tempo, accompagnato da guide che indossano gli abiti del periodo. Ultimato nel 1903, il palazzo era particolarmente innovativo e moderno, con il primo impianto di riscaldamento centralizzato (i radiatori sono originali) e il primo impianto elettrico, che funzionava solo per alcune ore al giorno, per motivi legati al carico di potenza. E poi le scelte architettoniche attente al comfort, come i primi bow-window a catturare la maggior illuminazione naturale possibile; era un’architettura soprattutto al servizio della funzione, più che della forma, anche se le decorazioni a foglia e i lampadari eleganti farebbero pensare diversamente.
Sulla soglia dell’euro. Il futuro prossimo della Lituania.
Pochi giorni mancano al 1° gennaio 2015, quando anche la Lituania, seguendo Estonia (2011) e Lettonia (2014) adotterà definitivamente la moneta comune, dopo un periodo di coesistenza con il litas locale, scambiato al tasso fisso di 3,45 litai per un euro. Gli uffici postali espongono cartelli informativi e un’apposita commissione nazionale è pronta a stroncare sul nascere possibili speculazioni (ma questa commssione ce l’avevamo anche noi nel 1999?) anche se c’è già qualcuno pronto ad arrotondare in eccesso.

Circola ottimismo, alimentato dai fondi europei che stanno irrobustendo una lenta crescita economica dopo l’ingresso nell’UE di dieci anni fa. Anche se il sistema sanitario passa per essere il più inefficiente di Europa, la tassazione per le start-up è al 5% il primo anno e il 15% dal secondo. Si respira un’aria di opportunità che pare contrastare con il retaggio di quarantasei anni di dominio sovietico, che mi sembra di cogliere nelle espressioni di alcuni anziani mentre attendo il pullman che mi porterà da Vilnius a Tallinn.
Il workshop è all’interno della facoltà di architettura di Vilnius (l’università è una delle più antiche d’Europa, risale al 1579). Vilnius ha un centro storico barocco tra i più estesi e meglio conservati d’Europa, ma anche qui sono visibili i disastri del periodo sovietico. Il professore di urbanistica dell’università mi mostra una chiesa barocca completamente spogliata al suo interno di ogni tipo di ornamento e dipinto, prima di essere trasformata nel periodo comunista in un magazzino. È buia, spettrale e alcune parti sono pericolanti, ma i fedeli entrano ed escono numerosi.

Scelgo Vilnius come luogo dove immergermi nell’atroce passato che ha accomunato la sorte delle tre repubbliche baltiche, veri e propri campi di battaglia della storia e tormentate da continue oppressioni . Dopo il patto Molotov-Ribbentrop del 1939, prima l’invasione dell’Unione Sovietica e poi i nazisti nel 1941 e quindi dal 1945 di nuovo l’URSS, fino al 1991; i gulag dopo i lager. In ognuna delle tre capitali esiste un Museo dell’occupazione, ma quello di Vilnius, il Museo delle Vittime del Genocidio , all’interno del palazzo del 1899 che diventò la sede del KGB in Lituania dopo essere stato il quartiere generale della Gestapo, è particolarmente spettrale.
Dal medioevo alla modernità il passo è breve, a Tallinn.
Tallinn è la più antica e medievale (la città vecchia e Toompea, la collina della cattedrale, risalgono al XV secolo) ma appare anche la più moderna delle tre, con un grande movimento di persone tra i palazzi per uffici e i centri commerciali a ridosso delle mura. E anche innovativa: Skype, inventato da un danese e da uno svedese, è stato sviluppato qui, ed è vero, c’è il Wi-Fi gratis dappertutto, non è così che dovrebbe essere nelle nostre città? Helsinki è di fronte, divisa da uno stretto braccio del Mar Baltico e gli estoni fanno affari proficui sia con i finlandesi che con gli svedesi.
Anche qui le condizioni al contorno fanno impallidire pensando al nostro carico fiscale; oneri previdenziali e assicurativi intorno al 33% sulle sole spese di personale, tassa fissa del 21% sugli utili, solo se questi vengono distribuiti agli azionisti – è un incentivo di fatto a reinvestire nell’azienda e nell’innovazione. Parlare di sostenibilità nella riqualificazione di edifici storici sembra poco urgente qui (l’Estonia ha il patrimonio edilizio più giovane d’Europa, meno del 10% degli edifici risale a prima del 1960) ma il confronto con architetti e project manager è particolarmente vivace e stimolante.

L’ultimo giorno a Tallinn è dedicato ai vicoli di Toompea e alla cattedrale ortodossa di Aleksandr Nevskij (un eroe della storia russa, per questo gli estoni hanno sempre mal visto questa “bomboniera”) ma soprattutto a Kadriorg, il gioiello barocco petrino poco fuori Tallinn, costruito per Caterina I di Russia da Gaetano Chiaveri, su progetto dell’architetto veneziano Nicola Michetti. Lo raggiungo a piedi dopo una poderosa camminata sotto una pioggia fredda (la notte ha nevischiato). Dentro, è soprattutto un omaggio all’arte e alla pittura italiana. Per l’ennesima volta, lontano da casa, è evidente quanta ammirazione c’è per la nostra cultura (copie realizzate da artisti nordici di quadri di Raffaelo, Tiziano, ecc.). All’inizio della mostra leggo «Based on antique traditions that were cemented in Renaissance art, Italy was the place where the ideals of beauty and rules of composition developed that reigned throughout Europe until the end of the 19th century».

Nel caldo e confortevole piccolo aeroporto di Tallinn, illuminato nella notte di Santa Lucia, la quiete è infranta da una chiassosa famiglia italiana (settentrionale) madre, nonna e due bambini. Mentre alcune ragazze estoni chiacchierano sui divanetti davanti ad una tazza di the caldo, si sentono solo i loro schiamazzi. Sento già aria di casa …
«Vivere un’epoca interessante è una maledizione». –antico detto cinese, citato da Hannah Arendt.
Anime Baltiche – Mark Rothko, Hannah Arendt, Romain Gary, Gidon Kremer. C’è un legame sotterraneo tra alcuni grandi nomi della cultura mondiale: i paesi baltici dove sono nati e la cui anima li ha accompagnati nella fuga oltre confine. È sulle tracce di quest’anima che Jan Brokken attraversa Lettonia, Lituania ed Estonia ricostruendo le vite straordinarie di personaggi celebri e persone comuni, per riscoprire la vitalità di una terra da sempre invasa e contesa, dove la violenza della Storia è stata combattuta con l’arte, la poesia e la musica.