La terra delle Cassandre.

L’ingegnere che voleva salvare Messina.

Quella che segue è l’ennesima storia di un’Italia con la quale non vogliamo più avere a che fare; quella che costruisce sulle frane, ad esempio.

L’articolo, che riporto integralmente di seguito, è di Gian Antonio Stella, dal Corriere del 20.10.2014. Non l’avevo letto, ma il mio solerte papà me lo ha spedito per posta tutto ben sottolineato in rosso (con l’aiuto del righello). Lui fa spesso così, quando c’è un articolo che sa che può interessare anche a me, lo sottolinea, lo ritaglia, lo mette in una busta e me lo spedisce, con l’indirizzo scritto a penna a sfera con una grafia elegante (e inclinata verso destra). A me  questa cosa piace molto, e ogni tanto ricambio anch’io spedendogli gli articoli su fatti dell’Alto Adige oppure estratti da ciò che scrivo sul blog (non ha il PC, non ha internet, non ha le email …).

In questo caso mio padre sa bene di cosa si parla, dato che è stato per tanti anni ingegnere capo del Genio Civile, quando il Genio Civile aveva tra le varie funzioni quella di ufficio preposto alle opere di difesa ambientale ed idraulica del territorio. Poi l’istituto è stato via via svuotato di competenze e di fondi, e forse anche per questo vediamo lo stato di dissesto ambientale che è stato creato. Come mi fa giustamente osservare, questa storia ricorda molto quella di un altro ingegnere, del Genio Civile di Belluno (l’ing. Beghelli), che … passando per la strada che portava in località Pineda, nei pressi della diga del Vajont, riportava un resoconto preciso di quanto stava accadendo – La sede stradale era completamente sconvolta, fessurata in più punti, talvolta traslata rispetto alla sua sede originale, con avvallamenti tali da compromettere il transito, al punto che “……..sembrava di andare su di un campo”.

Sembra davvero che non vogliamo imparare ciò che la storia di questo Paese continua immutabilmente ad insegnarci. Ecco di seguito l’articolo (compresa la versione .. sottolineata).

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L’ingegner Gaetano Sciacca porta iella? Gli schiavi della scaramanzia se ne vadano pure a comprar cornetti e amuleti. Ma un Paese serio dovrebbe ascoltare le urla d’allarme dell’uomo che a Messina ha fatto, dopo le frane assassine del 2009, ciò che non è stato fatto a Genova. E che denuncia i rischi incombenti su una città fragilissima la quale, a causa dell’assalto dei cementieri, è esposta a nuovi disastri alla prima botta di terremoto o al primo nubifragio. Un uomo che anche per questi allarmi è stato fatto fuori.

«Ci saranno sempre terremoti in California» dice l’elenco telefonico di Los Angeles. E spiega come tenersi pronti. Dopo di che ogni californiano può anche pregare sant’Emidio: la prevenzione, però, viene prima. A Messina, denuncia da tempo l’ingegnere Sciacca, il viadotto Ritiro su cui passa l’autostrada Messina-Palermo è in condizioni pessime: «Lo hanno costruito col cemento depotenziato e già due anni fa una commissione di esperti ha detto che rischiava di crollare. È ancora li. Solo un po’ alleggerito: auto e camion passano su una sola corsia. Se viene giù quel viadotto, si abbatterà su un’area dove vivono migliaia di persone. Se ne parlo porto “scutra”? Me ne infischio. Non parlarne: questo è criminale. Aspettiamo il disastro?».

Sono anni che Sciacca, ingegnere capo del Genio civile finché Crocetta l’ha spostato un mese fa tra gli «urrah!» dei palazzinari e lo sconcerto di gran parte della città, si sgola a spiegare che Messina è in pericolo. Nel maggio 2010 mostrò a Tito Cavaleri della Gazzetta del Sud una foto: «Lo vede questo cartello con scritto “rischio frane”? Bene, ecco cosa vorrebbero far sorgere». E spianò sul tavolo il progetto di un complesso mostruoso. Come mostruoso era un altro progetto bloccato: la trasformazione su un crinale a rischio di una villetta a due piani in un palazzo di otto piani più seminterrato e garage. E altro ancora…
Il nodo è questo: Sciacca ha sempre rifiutato di applicare meccanicamente una leggina regionale del 2003 firmata da Cuffaro che permette, un attimo dopo il deposito di un progetto, di iniziare a costruire prima ancora che il Genio civile possa aprir bocca. Caso mai, se violasse le norme di sicurezza antisismica e idrogeologica, dice la leggina, l’edificio può essere abbattuto. Ma dai! Ci vogliono decenni, da noi, per buttar giù un fabbricato. E come fai a rimediare a uno sbancamento che magari ha compromesso un’area già franosa? Infatti la Cassazione ha chiarito: leggi simili non valgono nelle aree a rischio.

E cos’è più a rischio di Messina, colpita nel 1908 dal più disastroso dei terremoti italiani e successivamente da decine di frane, dovute alla presenza in città di ben 52 fiumare per la metà intubate e a una cementificazione che lo stesso giornale locale definisce «criminale»? Dice il rapporto Ispra 2008: «L’intensa urbanizzazione rende concreta la possibilità che una nuova calamità naturale possa essere ancora più disastrosa di quella di cento anni fa». Eppure han continuato a presentare progetti folli. Come quello di due centri commerciali e palazzine per oltre tremila abitanti nella valletta del torrente Trapani. Bloccato da Sciacca come decine di altre proposte da brivido in una cinquantina di aree a rischio. Fino a tirarsi addosso le ire di una miriade di ingegneri, costruttori e politici compatti nelle accuse: «Quel funzionario paralizza lo sviluppo di Messina!»

Bollato come un «Signor No», l’ex capo del Genio civile è intervenuto in realtà sulle aree di maggior pericolo come Scaletta Marina o Giampilieri, devastate dalle alluvioni con 37 morti del 2009, con rara efficienza. Ha scritto sulla Gazzetta Francesco Celi: «79 appalti completati, 24 in corso di realizzazione e vicini o quasi al traguardo» per un totale di 155 milioni «e c’è da andarne orgogliosi, perché per una volta alle nostre latitudini ha prevalso la politica del fare».

Non solo, spiega Sciacca: «I lavori sono stati fatti nei tempi giusti, tutte le imprese sono state pagate e non abbiamo avuto alcuna perizia di variante con aumenti dei costi pretestuosi. Anzi, le imprese hanno donato ai paesi opere supplementari». Allora, direte, cosa vogliono di più da un funzionario pubblico? Lasciamo rispondere a Celi: l’ex capo del Genio civile è accusato di «non aver coinvolto nella scelta dei professionisti cui affidare progettazioni e procedimenti Ordini professionali e segreterie politiche che non possono rinunciare a indicare professionisti…». Insomma, ha rotto il giocattolo degli amici e degli amici degli amici.

Non gli perdonano, soprattutto, di aver detto verità scomodissime. Che Messina non può continuare a costruire, ignorando i rischi sismici idrogeologici, palazzi di cemento armato ammucchiati «senza una via di fuga, né uno straccio di progettino che preveda un minimo di alternativa sostenibile». Che «costruiscono ville sul mare o in località a rischio e poi pretendono opere pubbliche a difesa dell’indifendibile». «Ho le imprese alle calcagna. Sono dietro la porta. Ingegnere, mi gridano, teniamo famiglia… Ma insomma, come diavolo posso autorizzare simili scempi? Non è bastato Giampilieri?». Parole prese malissimo dall’Ordine degli ingegneri, tirati in ballo con architetti e geometri per tanti progetti insensati: «Valuteremo provvedimenti disciplinari: ha screditato e offeso la nostra categoria» .

Fatto sta che l’ingegnere è stato «promosso» a un nuovo incarico nell’iperuranio e tolto di mezzo. Nonostante una lettera del Wwf e di Italia Nostra che lo benedicono per avere portato a termine «tutte le opere per la messa in sicurezza di Giampilieri» in modo «estremamente esemplare». Nonostante la difesa della Gazzetta : «Se questa città si fosse ritrovata un drappello di professionisti come Sciacca oggi sarebbe ben altra cosa». Nonostante un appello a lasciare l’ingegnere dove stava firmato da 23 associazioni ambientaliste e da vari sindaci, in testa quello messinese, Renato Accorinti: «Questo territorio saccheggiato nel tempo, che ha pagato con la vita di cittadini innocenti scelte spesso irresponsabili, non può permettersi…». Macché…

[Gian Antonio Stella © Corriere della Sera, 20.10.2014]

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