Walkability.

Se Vi proponessero un alloggio, diciamo a parità di qualità e di prezzo, a breve distanza pedonale o ciclabile dai trasporti pubblici cittadini oppure uno prossimo alle vie d’accesso automobilistiche quale scegliereste? Beh, se avete pensato il secondo … «siete fuori …!» direbbe qualcuno. Lo dimostra, se mai ce ne fosse bisogno, il dossier di Elena Comelli ‘Ridisegnare le città a misura d’uomo’ che campeggia nella parte centrale del supplemento Nòva24 del Sole 24Ore della scorsa domenica 20.07.2014. Il perché è presto detto e sta in un’espressione, ‘walkability’ anzi, ‘walkability score’ ovvero la densificazione del tessuto urbano, con rarefazione del traffico auto individuale, per ottenere città pedonalizzate, ciclabili, respirabili. Il centro urbano dove i servizi sono concentrati, comporta percorsi cortissimi e, per questo, pedonali, ciclabili o su trasporto pubblico, riducendo in prima battuta la necessità dell’auto e quindi l’impatto ambientale che questa comporta. La prossimità intreccia in modo virtuoso tre aspetti: vivibilità, socialità e innovazione (vedi la bella infografica del Sole 24Ore, realizzata sulla base della ricerca dell’esperto svedese di pianificazione territoriale Alexander Ståhle).

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E da tutto ciò scaturisce un maggior valore, appunto il valore della prossimità: il PIL pro-capite in città come quelle sopra citate è del 38% superiore in media rispetto alle città dominate dal traffico. Innovazione: contrariamente a quanto si potrebbe pensare, gli abitanti delle aree metropolitane compatte hanno costi di vita (alloggio, trasporto) inferiori a quelli della periferia. In sintesi:

  • Vivere in centro è più sano, sicuro e conveniente.
  • Zone più dense hanno una maggiore mobilità economica.
  • La città compatta e pedonale migliora la sussistenza per i poveri attraverso mobilità a prezzi accessibili e la vicinanza degli alloggi ai luoghi di lavoro.
  • Il trasporto in città riguarda lo spostamento di persone, non di veicoli.

Richiamando l’ormai famosa frase di Enrique Peñalosa, ex sindaco di Bogotà, «Una città avanzata non è quella in cui anche i poveri hanno un’auto, ma quella in cui i ricchi prendono i mezzi pubblici».

2014_07_23 immagine 04L’economia della prossimità, come la definisce Elena Comelli, fortunatamente sembra avere preso piede nelle città particolarmente avanzate (Stoccolma, San Francisco, Manhattan) anche guidata da sistemi di misurazione e certificazione della sostenibilità, come LEED, che hanno capito l’incidenza negativa del cosiddetto ‘sprawl’. Un’intera categoria di sostenibilità in LEED è dedicata a questi aspetti. Nella nuova versione LEED v4, l’area Location and Transportation (LT) assomma 16 punti (sui 100 massimi previsti) con i crediti

  • Sensitive Land Protection (1 punto) – che ha l’intento di evitare lo sviluppo urbano su aree ambientalmente sensibili e di ridurre l’impatto ambientale della realizzazione di un nuovo edificio.
  • High Priority Site (max 2 punti) – ovvero incoraggiare l’ubicazione di progetti in aree con vincoli di sviluppo, promuovendo la salvaguardia delle aree limitrofe (avete mai pensato all’importanza capitale per New York del polmone verde di Central Park?)
  • Surrounding Density and Diverse Uses (max 5 punti) – conservare il territorio e proteggere le aree agricole e l’habitat selvatico incoraggiando lo sviluppo in aree dove già esistono infrastrutture. Promuovere la pedonalizzazione (ecco la walkability !) e l’efficienza nei trasporti pubblici riducendo le distanze percorse su veicoli. Migliorare la salute pubblica incoraggiando un’attività fisica quotidiana.
  • Access to Quality Transit (max 5 punti) – incoraggiare lo sviluppo in località che consentono scelte multimodali di trasporto o comunque di utilizzo ridotto di veicoli a motore, così riducendo le emissioni di gas serra, l’inquinamento dell’aria e altri danni all’ambiente e alla salute pubblica associati all’uso di veicoli a motore.
  • Bicycle Facilities (1 punto) – promuovere l’uso della bicicletta e l’efficienza nei trasporti, riducendo la distanza percorsa dai veicoli. Migliorare la salute pubblica incoraggiando attività fisiche utili e ricreative.
  • Reduced Parking Footprint (1 punto) – minimizzare i danni ambientali associati ai parcheggi, inclusa la dipendenza dall’auto, il consumo di territorio e l’inondazione di acqua piovana.
  • Green Vehicles (1 punto) – ridurre l’inquinamento, promuovendo alternative alle automobili convenzionali a combustibili fossili.
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Bici disponibili a Manhattan (19.11.2013)

La mobilità pubblica può essere ottimizzata grazie alle applicazioni digitali per smartphone e tablet. L’obiettivo è migliorare il rapporto tra cittadini e reti urbane, rendendone più efficiente l’utilizzo. È il tema di fondo di diversi progetti di innovazione gestiti dall’area Mobilità e ITS del TIS innovation park di Bolzano (Roberto Cavaliere). Integreen (programma Life+) intende realizzare un sistema dimostrativo a disposizione del centro di gestione del traffico della città di Bolzano, in grado di fornire alla Pubblica Amministrazione informazioni distribuite e correlate riguardo lo stato del traffico e dell’inquinamento dell’aria, con la possibilità di adottare politiche di gestione del traffico eco-consapevoli. Un altro progetto, The Green Mobility of the Future, vuole proporre e radicare una nuova cultura della mobilità sostenibile, basata sui concetti di multi- e co-modalità, di mobilità connessa, informata e consapevole.

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Immagine: progetto Integreen, TIS

Per chi volesse approfondire, ecco di seguito l’articolo di Elena Comelli su Nòva24 di domenica (segnalo sullo stesso numero anche ‘Il viaggio nel futuro si farà in treno’ di Renata Gatti ed ‘Ecco come la cultura car free avanza‘, di Alessandro Longo).

Città pedonalizzate, ciclabili, respirabili. La parola d’ordine per le città del futuro è densificazione del tessuto urbano e rarefazione delle auto. Da qui al 2030 i centri urbani globali dovranno ospitare un miliardo di nuovi cittadini, che si spostano là dove c’è più lavoro, più ricchezza e più vita sociale. Ma le metropoli non possono continuare a espandersi, come hanno fatto negli ultimi 50 anni: per il pendolarismo urbano il limite massimo è un’ora di viaggio. D’altra parte, non possono nemmeno consentire l’ingresso di milioni di auto nei centri cittadini, già oggi troppo inquinati. Di conseguenza, occorre riconvertire all’uso abitativo le strutture produttive dismesse, ma soprattutto potenziare i trasporti pubblici e riconquistare spazi interstiziali per la collettività o il verde. «Le città avanzate non sono quelle dove i poveri vanno in macchina, ma quelle dove i ricchi prendono i mezzi pubblici», sostiene Enrique Peñalosa, il mitico sindaco verde di Bogotà. «I pedoni, i ciclisti e gli utenti dei mezzi pubblici sono più importanti degli automobilisti», gli fa eco Michael Bloomberg, il sindaco che ha riempito New York di piste ciclabili. Su queste premesse, cresce l’economia della prossimità e arretra lo sprawl.

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«A Stoccolma come a Manhattan, i prezzi delle case salgono in relazione alla possibilità di raggiungere a piedi scuole, ristoranti, parchi e mezzi pubblici», fa notare Alexander Ståhle, l’architetto e urbanista svedese che per primo ha steso una mappa dei “sociotopi”, ovvero gli spazi pubblici, come parchi o piazze, che presentano un alto valore sociale nel loro utilizzo da parte dei cittadini. Basta aprire un annuncio immobiliare di una grande città nordamericana o nordeuropea per capire cosa intende Ståhle: un buon punteggio sulla scala dell’accessibilità pedonale (walkability score) viene certificato e presentato agli acquirenti come elemento importante ai fini della valutazione dell’immobile. Il mercato ha già incorporato l’economia della prossimità.

Il grado di accessibilità pedonale è un dato usato anche per misurare l’attrattività delle aree urbane. In base a un’analisi spaziale condotta nel 2011 dallo studio di Ståhle su 7mila vendite di appartamenti a Stoccolma, per conto della municipalità, risulta evidente l’importanza fondamentale delle distanze pedonali o ciclabili dai trasporti pubblici per stabilire il valore di un’area, mentre la prossimità alle vie d’accesso automobilistiche non riveste alcuna rilevanza. Anzi. Il traffico è considerato uno dei principali demeriti di un’area: le auto sporcano l’aria, fanno rumore, occupano più spazio dei trasporti pubblici e causano ogni anno 39 milioni di feriti e 1 milione e 200mila morti per colpa di incidenti stradali, oltre alle vittime dell’inquinamento. Malgrado ciò, le strutture urbane dipendenti dall’auto sono pesantemente sovvenzionate: l’enorme spazio occupato dai parcheggi ha una priorità molto più alta delle piste ciclabili o dello spazio pedonalizzato nelle politiche locali e nessuno valuta i costi sociali e ambientali causati dalle autostrade e dalle vaste periferie anonime che si formano ai loro margini.

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MAX – il sistema di trasporti pubblici di Portland, OR (24.05.2014)

Ma questi orientamenti, che hanno guidato la pianificazione territoriale negli ultimi decenni, stanno cambiando. Non a caso, 1/3 dei mall dei suburbs americani è fallito o sta chiudendo. Le metropoli Usa con un alto grado di accessibilità pedonale, come Manhattan o San Francisco, hanno un PIL pro capite superiore del 38%, in media, rispetto alle città dominate dal traffico, secondo lo studio della George Washington University School of Business insieme a Locus, un programma di Smart Growth America. Lo studio ha scoperto che gli abitanti delle aree metropolitane più compatte hanno costi di alloggio e trasporti inferiori agli altri e una mobilità economica superiore, vivono più a lungo e sono più in salute, con meno casi di obesità e di incidenti. Quindi, vivere in centro è più sano, più sicuro e più conveniente che abitare in periferia.

La prossimità crea vivibilità, socialità, innovazione. Questo è il motivo per cui città come Londra o Milano hanno limitato l’accesso del centro alle macchine, Barcellona o Tel Aviv hanno riscattato gli spazi portuali dismessi all’uso collettivo, e Parigi o Berlino hanno riconvertito a parchi pubblici i binari morti del Gleisdreieck o della Petite Ceinture. Ma non basta. «La trasformazione sostenibile deve diventare centrale anche per le regioni circostanti, nel caso di Milano la Lombardia», sostiene Edoardo Croci, direttore di ricerca allo Iefe, il centro di economia e politica dell’energia e del l’ambiente della Bocconi, oltre che artefice dell’Ecopass quando era assessore alla Mobilità di Milano e presidente di MilanoSiMuove, l’associazione che ha promosso i 5 referendum sull’ambiente tre anni fa. Milano è sulla buona strada nell’economia della prossimità: solo il 30% degli spostamenti si verifica via auto, mentre nel resto d’Italia il rapporto è inverso e la quota dell’auto prevale, con il 60-70% degli spostamenti, in base al Libro Bianco sui trasporti dell’Eurispes. Eppure le richieste avanzate dai milanesi con i referendum finora sono state disattese: non più del 20% delle proposte sul traffico, il verde e l’uso efficiente dello spazio pubblico è stato realizzato. Siamo solo all’inizio.

[Elena Comelli © Nòva24 – Il Sole 24Ore, 20.07.2014]

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