C’è voluta almeno una settimana per uscire dal frullatore (no, il jet lag l’ho superato già la sera del giorno del ritorno, andando a dormire ad un’ora ‘italiana’) e cominciare a rendersi conto dell’esperienza di USACamp, la trasferta di ItaliaCamp a New York e Washington sotto il vessillo del motto ‘Let your idea fly‘. Perché funziona così, le esperienze si cristallizzano in ricordi ben precisi e di eventi e momenti da ricordare ce ne sono tanti. Siamo riusciti a fare quasi tutto, solo una tempesta di neve lunedì 03.03 a Washington (la chiamano così, la neve in sé non è terribile, solo che è un polverino che va in tutte le direzioni ad una temperatura di, stimo io, -10° C) ci ha impedito di incontrare il segretario di stato USA John Kerry, dato che tutti gli uffici pubblici erano stati preventivamente dichiarati chiusi dalla sera della domenica. Di impegni ce ne sono stati davvero tanti, scorro di nuovo il programma e me ne rendo conto:
New York | Mercoledì, 26 febbraio
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12.00 Welcome event | ENIT – 630 Fifth Avenue
- 18.00 Italian Ideas Going on Global Change | NYSE
Giovedì. 27 febbraio
- 10.00 Global Executive Seminar on Social Innovation | Centre for Social Innovation
Venerdì 28 febbraio
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08.00 ‘Europe: A Museum or an Investment Opportunity’. A Summit organized by Italy & Destinazione Italia | Time Warner Center North Tower
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19.00 Global Executive Seminar on ‘Made in Italy’| UN Headquarters
Washington | Sabato 1 marzo
- 15.00 Seminar on Social Innovation promotion | George Washington University
- 18.00 Global Executive Seminar su ‘Energia e infrastrutture’ e Gala dinner | Ambasciata d’Italia
A rileggere le ‘location’ penso alla solita frase ‘Se … anni fa m’avessero detto che il giorno … avrei toccato con mano i desk dei trader della Borsa di New York …’. Non voglio fare il resoconto o diario di bordo di questa settimana, anche perché c’è chi l’ha già fatto molto bene, come Enrica Arena, cofondatrice della sorprendente startup Orange Fiber, che sul blog di StartupItalia! ha raccontato le frenetiche giornate americane (E’ il sogno americano che si realizza) o Fabrizio Sammarco, presidente dell’Associazione ItaliaCamp nel suo post del 26.02 su Che Futuro !

Foto © ItaliaCamp
Ok, torno alla domanda di partenza – Missione compiuta? Se la missione era portare più di cento persone al di là dell’oceano a toccare con mano i luoghi dove si decidono gli investimenti, dove le idee trovano l’opportunità di realizzarsi, dove si incontrano le persone che muovono capitali in grado di cambiare la storia di aziende e persone beh, direi che la missione è riuscita. Se la missione era quella di portare diverse startup italiane a confrontarsi con il mercato per eccellenza, nel primo BarCamp mai fatto dentro Wall Street (! iniziative come questa è già tanto pensarle, poi bisogna anche metterle in pratica) anche qui possiamo mettere un segno di spunta.
Oltre ad Orange Fiber, che realizza tessuti ‘vitaminici’ per l’abbigliamento a partire dagli scarti della lavorazione delle arance, ricordo: ClouDesire (bel nome) applicazione che consente ai fornitori di software di vendere e distribuire le loro applicazioni, in pochi minuti, automatizzando alcuni passaggi problematici e costosi, Le Cicogne, la rete di baby sitter nata a Roma, ragazze e ragazzi tra i 18 ed i 28 anni che si prendono cura dei tuoi figli ogni volta che ne hai bisogno, che tu abbia un impegno o un imprevisto, e altre ancora, molte delle quali censite nei 100 innovatori di Riccardo Luna. Tutto molto sull’innovazione sociale (che è nel DNA di ItaliaCamp). Coinvolgente ad esempio l’evento al Centre for Social Innovation, con la testimonianza di un altro progetto che ci ha particolarmente colpiti, Shoot4Change, un network internazionale (ma con solide e profonde radici e basi italiane) di volontariato fotografico sociale.

Insomma, siamo stati ‘dove accadono le cose’ o meglio (e qui il merito va tutto a ItaliaCamp e all’organizzazione di un evento così ‘impervio’) abbiamo ‘fatto accadere delle cose’, con quell’inconscienza che pare essere una delle virtù di questo periodo storico tribolato e complesso. Una volta che l’iniziativa è realizzata è facile commentare questa o quella sfumatura: quanti contatti con investitori andranno davvero a buon fine e per buon fine cosa si intende, un finanziamento di … ? quante startup hanno trovato davvero spazio, qual è il ritorno (complessivo e individuale) per i partecipanti, si poteva enfatizzare il confronto con operatori e aziende locali, la partecipazione è stata troppo affollata, ecc. ecc.

Mi sono reso conto che ItaliaCamp è … Italia, nel senso più ‘ecumenico’ del termine. Con tutte le pecche e gli slanci di qualità che un’organizzazione italica di questo tipo rappresenta. Riccardo Luna (che era presente a Wall Street), ancora nel suo elenco dei 100 innovatori del 2013, aveva commentato ‘All’inizio ero diffidente di Fabrizio e della rete di Italiacamp: troppo vicina alla vecchia politica, mi sembrava […]’. ItaliaCamp è inserita nel tessuto istituzionale nazionale (rapporti con grandi aziende pubbliche, ministeri, università) e probabilmente in molti casi si porta appresso una zavorra. Ma questo radicamento è anche la sua forza, perchè le dà la possibilità di muoversi e raggiungere (e in modo organico e davvero rappresentativo di tutto un Paese) mete che per altri sono difficilissime anche da pensare. Insomma, c’è davvero un grande potenziale. I commenti comunque sono tutti ‘del poi’, la missione è stata una successione di ‘first movements’ e tolgo definitivamente il punto di domanda nel titolo. Come a volte capita nella vita si fanno delle cose e ci si rende conto solo dopo della loro portata. Ci si dice ‘avrei potuto farlo prima’ ma si capisce che in realtà quel passo lo abbiamo fatto perché solo in quel momento eravamo maturi per farlo. ItaliaCamp questo passo lo ha fatto e tornare indietro … non è un’opzione. Let your idea fly.

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