Il piccolo mondo di MUJI.

Il piccolo mondo di MUJI.

Fai un prodotto piccolo e attraente, mettici un buon ricarico di prezzo e vendine tantissimi. Non so se questa sia una ricetta garantita per fare un buon business (a dire il vero mi vengono in mente molti esempi) ma è quanto si adatta al successo di MUJI.

2015_09_16-01 MujiMuji è una multinazionale giapponese che produce dal 1980 complementi di arredo, capi di abbigliamento, accessori da viaggio e prodotti da ufficio ed è nota per il suo stile essenziale e privo di loghi e simboli. Investe molto nel riciclo dei materiali e nell’assenza di imballaggi e packaging. Il nome, usato dal 1999, deriva dalla frase “Mujirushi Ryōhin“, che in giapponese significa “buoni prodotti senza marchio“. Tutte cose piccole piccole e adorabili.

Confesso che quando entro in un negozio Muji resto come intrappolato in un campo magnetico e faccio una fatica terribile a schiodarmi. Notare che sono più o meno sempre gli stessi conosciutissimi prodotti, gli stessi in tutti i negozi. E quando entro so già cosa troverò e dove sono esposti gli articoli (i negozi o corner sono tutti simili) e che acquisterò l’ennesimo gel ink pen set (confezione cilindrica da 12 o a parallelepipedo da 15?). Insomma, qualcosa di molto rassicurante, come i biscotti al cioccolato nella tazza di latte fresco la mattina a colazione.

2015_09_16-02 Muji NYC
MUJI a Manhattan, NYC

Gli oggetti di Muji sono belli, sono funzionali e soprattutto sono piccoli. Insomma, ti danno l’idea di Giappone al 100%, fatta di cose semplici, di un’intrinseca bellezza fatta di essenza e sottrazioni, nella cura della dimensione e degli spazi. Non dimentichiamo che il Giappone è grande circa un 20% più dell’Italia ma ha il doppio degli abitanti…

Credo che dietro quest’apparente semplicità industriale ci sia in realtà una strategia di business ben marcata. Muji è lean, non c’è dubbio. Prodotti piccoli, leggeri, senza imballaggi, facili ed economici da trasportare in giro per il mondo (“compact life” è uno degli slogan). Negozi piccoli (perché i prodotti sono piccoli) e quindi possibilità di sostenere affitti anche in zone prestigiose (l’ultimo che ho visitato è all’interno di Rinascente in Piazza Duomo a Milano). I materiali sono legno, alluminio, plastica. Qualità buona e prezzi tutto sommato bassi rispetto a prodotti analoghi (ma, ripeto, è il ricarico sul costo industriale che conta …). E un design minimalista, quasi “Bauhaus”. Insomma, quel che si dice (anche se non si dovrebbe mai dire perché la realtà non è mai così facile) “un prodotto che si vende da solo”.

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Dai 40 prodotti iniziali negli anni ’80 ora il catalogo comprende 7.000 articoli, anche se la diversificazione delle linee di business – ci sono anche i ristoranti Muji – riguarda più che altro il Giappone, mentre nel resto del mondo i prodotti venduti sono quelli citati all’inizio. Oltre a più di 260 negozi e 120 outlet in Giappone, la presenza nel mondo è in 22 paesi con oltre 250 negozi (10 in Italia). Tranne alcune eccezioni, il nome dei designer non viene mai esplicitato, così come quello delle aziende produttrici (a parte una collaborazione con Tonet).

La check-list (lo strumento di PM per eccellenza ...)
La check-list (lo strumento di PM per eccellenza …)

The human is not the centre of everything, but on the same level of everything.” dice Sam Hecht, direttore creative di Muji Europe. Molto … giapponese. Secondo Key Suzuki, direttore della divisione prodotti domestici (“Muji Executive Kei Suzuki On Future Growth Of Japan’s ‘No Brand’ Retailer” su Forbes), i quattro principi chiave che Muji rappresenta sono:

  1. An antithesis to the consumption society
  2. We leave room for the individuality of the customers
  3. No name, anonymous
  4. We try to take the viewpoint of the purchasers, consumers

È tempo per IKEA (29 miliardi € fatturato 2014) circa 18 volte Muji, di iniziare a guardarsi le spalle?

One thought on “Il piccolo mondo di MUJI.

  1. Mi piacciono questi oggetti e la filosofia del marchio, di cui non conoscevo l’esistenza. Sto leggendo la biografia di Jobs. Anche la sua passione per l’estetica si ispirava al Bauhaus, all’estetica essenziale e funzionale, alla filosofia della tecnologia alla portata di tutti….

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